L'attività fisica come medicina contro depressione, ansia e fobie

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Tra il 10 e il 20 per cento delle persone, almeno una volta nella vita, soffrono di depressione. Infatti qualche anno fa, l’OMS (WHO), ha inserito la depressione al quarto posto nella classifica dei problemi di salute più frequenti al mondo.

La conoscenza su cosa succeda nel cervello durante la depressione è intanto cresciuta enormemente. Sappiamo per esempio che alcune parti del cervello tendono a ristringersi un po’ quando si è depressi, soprattutto l’ippocampo che è il centro della memoria.

Le ricerche hanno anche rilevato che durante la guarigione dalla depressione si formano nuove cellule nell’ippocampo, esattamente come quando si fa allenamento.

Ciò significa che l’attività fisica funziona come una medicina contro la depressione? Tanti elementi confermano questa tesi.

C’è una razza di topi che sviluppa uno stato simile alla depressione, diventano passivi, si isolano e non mangiano più. Ma quando hanno la possibilità di correre cambiano subito atteggiamento. Diventano più svegli, torna l’appetito, e socializzano di più.

Esattamente la stessa cosa succede se gli si dà medicine anti-depressive. Esaminando i cervelli di questi animali si è potuto verificare che sia con le medicine he con l’attività fisica si formano nuove cellule nell’ippocampo.

L’attività fisica quindi, ha lo stesso effetto della medicina anti-depressiva sul comportamento degli animali. Su animali che si muovono regolarmente si verifica nel cervello un effetto simile a quello degli animali a cui si danno le medicine.

Quanto allenamento e quanto movimento sono necessari per trattare la depressione con l’attività fisica?

Se si tratta di una depressione di media gravità, un programma di allenamento regolare ha lo stesso effetto delle medicine. Dunque, se il medico fa questa valutazione, ecco una ricetta tipo:

"Camminare veloce o correre per almeno 30–45 minuti, 2–3 volte alla settimana, per 2-3 mesi."

CURARE L'ANSIA DI TUTTI I GIORNI...
La maggior parte di noi ha qualche volta vissuto ciò che viene chiamata “l’ansia di tutti i giorni”. È uno stato del tutto innocuo che ci aiuta a stare attenti ai pericoli, pianificare il futuro ed aumentare la nostra possibilità di sopravvivenza.

Si sa che l’attività fisica normalmente riduce il livello dell’ansia. Un paio di minuti dopo l’allenamento, arriva l’effetto “calma ansia” che raggiunge il picco dopo altri 15 minuti e dura poi per un paio di ore.

Pare che non abbia importanza il tipo di attività fisica. Uno sforzo più leggero, come una passeggiata, funziona anche ma l’effetto ottimale viene dall’allenamento più intenso. Paragonando passeggiate con corse è emersa una relazione evidente tra l’intensità e la riduzione dell’ansia.

Se soffri di disturbi d’ansia può valere la pena di provare l’attività fisica. I risultati
di tante ricerche dimostrano che le persone che sono fisicamente attive almeno un’ora alla settimana soffrono meno d’ansia.

Inoltre pare anche che la personalità ne tragga beneficio. Le persone fisicamente attive sono generalmente meno nevrotiche e più estroverse. Anche qui sorge la classica domanda tra la causa e l’effetto:

Sarà l’allenamento a ridurre l’ansia e la nevrosio sarà che le persone con questi problemi sono meno disposte a muoversi ed allenarsi?

... E GLI ATTACCHI DI PANICO E FOBIE
Per combattere l’ansia, il movimento e l’allenamento sono ottimi rimedi. Ma in alcuni casi l’ansia si può trasformare in attacchi di panico.

Nel 2005 un gruppo di ricercatori tedeschi ha condotto un esperimento su come l’attività fisica influisca nei casi in cui gli attacchi di panico si manifestino facilmente. Chiunque ci avrebbe pensato bene prima di accettare di partecipare all’esperimento, poiché consisteva nel farsi iniettare una sostanza chiamata CCK-4 (cholecystokinin tetrapeptide-4) la quale ha un effetto estremamente sgradevole poiché produce attacchi di panico, con conseguenti cardiopatie, ansia e difficoltà di respirare. È così sgradevole che dà la sensazione che si stia per morire.

Quando ai quindici volontari fu fatta l’iniezione sentirono esattamente quella sensazione. Dodici dei quindici furono soggetti ad attacchi di panico anche se non ne avevano mai avuti prima di allora.

In seguito l’esperimento fu ripetuto con una differenza; prima di iniettare la sostanza CCK-4, i partecipanti furono sottoposti a trenta minuti di allenamento aerobico intenso (70% della capacità massima).

Il risultato fu che solo su sei persone, invece che su dodici, si manifestava l’attacco di panico.

L’allenamento si è dimostrato avere un effetto protettivo immediato contro gli attacchi di panico.

Ma l’attività fisica ha un effetto positivo anche sulle fobie.

Negli anni ’70 in Inghilterra è stato fatto un esperimento su un gruppo di persone con agorafobia combinata con la paura di andare sull’autobus.
Ogni volta che vi salivano si sentivano irrequieti, iniziavano a sudare e gli veniva il batticuore. Ma poi quando gli permisero di correre veloci verso l’autobus per salirci, lo stato d’ansia diminuiva radicalmente, sembrava che il semplice fatto che i loro corpi fossero già “su di giri” gli permetteva di salire sull’autobus tranquilli.

Forse non c’è sempre la possibilità di fare una bella corsa prima di salire su un autobus o un aereo, ma comunque l’esperimento dimostra come l’attività fisica abbia un effetto calmante anche nelle più acute forme d’ansia.

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METTI UN FILTRO ALLE EMOZIONI
Nel profondo del cervello c’è l’amigdala, una zona che non si è modificata molto durante l’evoluzione dell’uomo e fa parte di quello che, per semplificazione, viene chiamato cervello rettiliano.

L’amigdala è importante per i sentimenti, soprattutto paura e ansia. Nella vita preistorica era una parte molto importante che rendeva cauti davanti ai pericoli, ma nella società attuale non sarebbe consigliabile lasciarci guidare dall’amigdala perché il nostro comportamento sarebbe completamente guidato dai sentimenti.

Ci farebbe prendere decisioni sbagliate e scegliere cose che danno benefici momentanei, come dolci e alcol per avere un effetto a brevissimo termine, ed eviteremmo tutte le situazioni fastidiose e stressanti e in caso di discussioni e conflitti con i colleghi di lavoro potremmo avere reazioni violente o darci alla fuga senza pensare alle conseguenze.

Per fortuna l’amigdala ha un contrappeso che frena gli impulsi: l’archivio della memoria emozionale. Questo analizza l’esperienza corrente con quanto già accaduto in passato. Una parte importante di questo contrappeso è la corteccia prefrontale, dove si trova gran parte dell’intelletto e i pensieri più evoluti che ci distinguono dagli animali.

Questa è la parte che fa sí che tu non sia del tutto guidato dai sentimenti mettendoti ad urlare e picchiare quando qualcosa ti irrita sul lavoro.
Per far sí che la corteccia prefrontale riesca a frenare l’amigdala bisogna che il collegamento fra i due sia forte, in maniera che la corteccia faccia da filtro, evitando di lasciarci guidare solo dai sentimenti.

E cosa c’entra l’attività fisica?

C’entra, perché è stato dimostrato che l’allenamento regolare rinforza questo collegamento e al momento opportuno migliora la possibilità della corteccia di frenare l’amigdala, cosa che ci rende non solo meno impulsivi, ma aiuta anche a regolare sentimenti come ansia e irrequietezza.

LA DIPENDENZA DA ALLENAMENTO?
Il forte effetto positivo dell’allenamento sull’ansia e lo stress ci porta in un campo che suscita sempre più interesse – la dipendenza.

Per alcuni, la ”spinta” ricevuta dall’allenamento diventa così importante da non poterne fare a meno, diventano “allenamento-dipendenti”.

Per la maggior parte delle persone non rappresenta un problema e la famosa spinta funziona come un incentivo ad alzarsi dal divano. Ma quando l’allenamento si trasforma in un dovere, senza il piacere di farlo ma soprattutto per evitare l’ansia, allora si può cominciare a parlare di dipendenza.

È abbastanza interessante che i meccanismi che ci rendono dipendenti dall’allenamento sono gli stessi che ci rendono dipendenti da alcol, tabacco e narcotici.

La dipendenza da allenamento pare che abbia anche molte cose in comune coi disturbi nutrizionali (quali anoressia, bulimia ecc.) ed è per questo inserito nelle ricerche che li riguardano. Comunque, non tutte le persone sono soggette a diventare allenamento-dipendenti. Si calcola che solo il 2-3 % delle persone sono a rischio.

Ma come si sa se si è allenamento-dipendenti? Un campanello d’allarme è se ti alleni solo perché altrimenti stai male. Un altro campanello suona se l’allenamento diventa la cosa più importante nella tua esistenza e di conseguenza conduce la tua vita invece che viceversa. Però, c’è anche da notare che l’allenamento-dipendenza ha anche un lato positivo.

L’attività fisica sembra rendere le persone meno attratte dall’uso di droghe, forse perché si è già caricati emotivamente dall’allenamento stesso.

Alcuni ricercatori canadesi hanno analizzato topolini con un “languorino” per la cocaina (i topi ce l’hanno generalmente già di natura!) scoprendo che esso diminuiva quando i topolini facevano tanto movimento. Non ne erano più tanto attratti se lasciati correre nella ruota dentro la gabbia prima di dargli la cocaina. La differenza era clamorosa. La tendenza degli animali a divorare la droga diminuì nettamente. Da cosa dipenda esattamente non è chiaro ma si presume che la spinta ricevuta dall’attività fisica sia così forte che non ne sentano più il bisogno.

 

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