Allenamento a intervalli: cosa dice la scienza

Nei primi anni cinquanta il fondista e studente di medicina Roger Bannister decise di voler riuscire a correre un miglio inglese (1609,34 metri) in un tempo inferiore a 4 minuti.

Bannister – a quei tempi – era uno dei migliori corridori al mondo, ma il limite di 4 minuti era considerato un’impossibilità fisica di per sé. Inoltre, gli studi di Bannister occupavano molto tempo e riusciva appena a fare mezz’ora d’allenamento al giorno durante l’ora di pranzo.

Così l’obiettivo dei 4 minuti si trasformò in una sfida che consisteva nel rendere l’allenamento il più produttivo possibile per raggiungere l’obiettivo finale. Bannister trovò la soluzione costruendosi un programma che rappresenta l’inizio dell’interval training – l’allenamento ad intervalli.

Correva a tutt’andare per un minuto e poi si riposava per due minuti. Lo ripeteva dieci volte, e così in una mezz’ora l’allenamento era fatto. Il metodo funzionò a meraviglia.

Nel maggio del 1954 il venticinquenne Bannister stupì il mondo diventando il primo atleta a correre un miglio inglese sotto i 4 minuti, battendo il primato mondiale dello svedese Gunder Hägg per 6 decimi di secondo

C’è da aggiungere che Bannister riuscì anche a finire gli studi nei tempi previsti e divenne un neurologo molto rispettato in Gran Bretagna. Era sensazionale il fatto che con solo mezz’ora di allenamento al giorno si potesse raggiungere un risultato così importante.

Tanti atleti e scienziati cominciarono ad interessarsi al metodo e a studiare gli effetti dell’allenamento ad intervalli. I risultati vennero pubblicati su prestigiose riviste di medicina e le teorie sull’intervallo perfetto tra sforzo e riposo si alternavano ad ogni uscita.

Gli studi e le teorie, a volte contrastanti, hanno continuato a susseguirsi. Alcuni sono rimasti, mentre altri sono passati.

allenamento intervalli

L’ALLENAMENTO A INTERVALLI FUNZIONA
Per cominciare diamo uno sguardo all’efficacia generale dell’allenamento ad intervalli in merito allo sviluppo della condizione fisica.
È un dato di fatto che per tanti atleti professionisti, l’allenamento a intervalli è parte integrante del loro programma d’allenamento.
Questo è già una conferma della sua efficacia. Nei database della ricerca scientifica esiste un gran numero di studi di qualità e di risultati variabili. Alcuni dicono che gli effetti degli intervalli sono migliori che quelli di un allenamento continuativo, altri dicono il contrario.
C’è anche discordanza sulla durata degli intervalli, sia per la durata dello sforzo che per la durata del riposo. Allora, a chi credere?
Nell’autunno del 2013 è stata pubblicata una meta-analisi che comprende i risultati di quaranta studi, sia sull’allenamento ad intervalli che sull’allenamento continuativo.

In conclusione è stato evidenziato che l’allenamento ad intervalli è più efficace per quanto riguarda il miglioramento della resistenza e capacità polmonare.

La media dei miglioramenti della capacità polmonare era più alta fra quelli che avevano praticato l’allenamento ad intervalli, rispetto a quella fra chi avevano praticato l’allenamento continuativo. Le differenze non erano abissali ma abbastanza nette.

Numeri e test di laboratorio a parte, in realtà si è verificato che gli intervalli sono efficaci non solo per muovere la soglia del lattato (il momento in cui si forma l‘acido lattico) e migliorare il fiato, ma anche per raggiungere l’obbiettivo: correre più veloce. Altra cosa importante è che la salute generale ne trae benefici.

L’allenamento a intervalli riduce i livelli di zuccheri nel sangue e la pressione in maniera più efficace dell’allenamento continuativo.

QUANTO DEVONO ESSERE LUNGHI GLI INTERVALLI?
Conoscendo la produttività dell’allenamento ad intervalli, la prossima domanda è con quale durata e con quale intensità si ha un risultato ottimale.

In Norvegia è stato fatto uno studio paragonando tre metodi di allenamento. Due programmi di intervalli, uno ad intensità alta e uno ad intensità bassa, e un programma di allenamento continuativo di intensità media.

I partecipanti facevano tre allenamenti alla settimana per otto settimane. L’alle- namento a intervalli, in particolare con intervalli intensi e lunghi circa 4 minuti, ha dato i risultati migliori.

Intervalli di circa 4 minuti hanno il vantaggio di essere più facili che gli intervalli intensi e brevi di 15 secondi, i quali alternano sforzo e riposo in continuazione.

Era molto interessante vedere che l’aumento della quantità di sangue che il cuore riesce a pompare equivale all’aumento del VO2max, ovvero la quantità massima di ossigeno che il corpo riesce ad assumere e trasportare attraverso il sangue fino ai muscoli. Qui subentra l’importanza della quantità di sangue che il cuore pompa con ogni battito.

L’allenamento migliora la capacità del cuore di pompare sangue prima dell’incremento di battiti e capacità di ossigenazione dei polmoni.

Questo fenomeno era riscontrabile in tutti i soggetti dei tre gruppi.

SCEGLI FRA TRENTA SECONDI O QUATTRO MINUTI
Gli intervalli di quattro minuti hanno così dimostrato di avere un effetto eccezionale.
Se si va alla ricerca dell’intervallo perfetto però, è molto varia l’offerta degli esperti
di ogni tipo che si trova su internet o sui giornali di categoria.

Torniamo sulla meta-analisi, che mette insieme i risultati di una consistente quantità di studi con un numero sufficiente di partecipanti.
Qui troviamo le indicazioni sulla durata degli intervalli e sulla composizione dei cicli che danno la massima efficacia. La scelta cade su intervalli di trenta secondi oppure di tre-quattro minuti con uno sforzo appena sotto il massimo dei battiti sopportabili (85-95%).

Rende meno l’intervallo di durata che va dai 45 secondi ai tre minuti probabilmente perché non si riesce ad arrivare alla massima capacità polmonare.

tabella allenamenti intervalli

 


EVITA CHE LA DURATA DEL RIPOSO NEI CICLI D’INTERVALLI SIA TROPPO LUNGA
Mettiamo che tu decida di correre a intervalli di 4 minuti e che tu riesca a fare mille metri in quel tempo.

Per quanto tempo bisognerebbe riposare tra un intervallo attivo e l’altro per ottimizzare il risultato? Prolungando il riposo riesci a correre più veloce il prossimo intervallo.
Con un riposo breve diventa più dura, ma nello stesso tempo accorci la durata massima dell’allenamento.

Una buona regola è di non prolungare il riposo oltre il tempo dello sforzo. Se l’intervallo dello sforzo è di quattro minuti il riposo dovrebbe essere due o tre minuti. Un tempo di riposo contenuto aumenta il totale del tempo in cui sei appena sotto il VO2max, e questo è fondamentale per aumentare la forma fisica aerobica.
Man mano che ti alleni e migliori le prestazioni, puoi accorciare ancora il tempo di riposo.

 

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